"Un altro mondo non solo è possibile, ma sta già prendendo forma.
Nelle giornate di calma, posso sentire il suo respiro.

Arundhati Roy


O.S.T. Open Space Technology

 Se qualcuno dovesse chiederci che cos'è un'Open Space Technology, noi di SestoCielo risponderemmo senza dubbio che è una fucina di Idee e una nursery di Soluzioni. Questo perchè abbiamo avuto l'occasione di sperimentarla più volte e quindi di verificare la sua efficacia, anche nei confronti dei problemi apparentemente più insolubili. D'altra parte non ci si può aspettare nulla di diverso, visto che questa metodologia di lavoro in gruppo si basa sulla creatività libera, sulla cooperazione e sull'autoresponsabilità dei partecipanti.  L'attenzione non è focalizzata sulle ideologie o sulle singole persone, ma sulla condivisione degli obiettivi e delle idee: se io ti do una mela e tu mi dai un'arancia, alla fine ognuno si troverà con una cosa sola; ma sei io ti do un'idea e tu mi dai un'idea, alla fine ognuno si troverà con due idee. L'Open Space Technology è congegnata in modo tale che i protagonisti finali della sessione di lavoro (se così si può definire) sono rappresentati esclusivamente da una o più buone idee, che costituiscono il frutto dell'intelligenza e della creatività collettive. Ogni tentativo di strumentalizzazione personale è destinato ad avvizzire spontaneamente in quanto tutti i partecipanti sono posti sullo stesso piano e godono di uguale importanza e responsabilità.

Pubblichiamo qui di seguito una breve spiegazione, in modo che possiate farvi un'idea più precisa riguardo a questa innovativa metodologia....... 

.......siete pronti a stupirvi?


Che cos’è l’Open Space Technology?

L’Open Space Technology (tecnologia dello spazio aperto di discussione) è uno strumento che consente a qualsiasi gruppo di persone, in qualsiasi tipo di organizzazione, di creare gruppi di lavoro ed incontri particolarmente interessanti e produttivi. L’esperienza degli ultimi 15 anni ha anche insegnato che “aprire lo spazio” può creare organizzazioni motivate, in cui persone normali lavorano insieme producendo con regolarità risultati straordinari. 
Harrison Owen, pioniere dell’Open Space Technology, ha notato nel corso della sua esperienza di organizzatore di conferenze come le persone si confrontino con molto più entusiasmo durante i coffee break che non nelle fasi di lavoro. È giunto quindi a considerare l'ipotesi di strutturare un’intera conferenza in modo che i partecipanti si sentano liberi di proporre gli argomenti e di discuterli solo se interessati ad essi.
Perciò in un incontro, un evento o in un’organizzazione che utilizza l’approccio Open Space, i partecipanti propongono e gestiscono in completa autonomia il programma di lavoro, organizzando sessioni parallele di gruppo, focalizzando la discussione su un argomento di importanza strategica, ad esempio trovare velocemente una soluzione efficace ad un problema che riguarda la comunità.
Se il gruppo di lavoro è unito da passione e interesse, allora sarà in grado di auto-organizzarsi e di raggiungere il suo scopo. 
Si tratta di una metodologia innovativa poiché in tal modo le persone tendono a non annoiarsi e, anche grazie a un clima piacevole, in tempi relativamente brevi esse producono un documento riassuntivo di tutte le proposte/progetti elaborati dal gruppo, l’Instant Report, documento che oltre alla sua utilità pratica diviene testimonianza di un lavoro fatto e garante degli impegni presi.

Quando e perché utilizzarla?

L’Open Space funziona al meglio quando si affrontare qualcosa di complesso, con persone diverse che hanno idee e punti di vista differenti, c’è molta voglia di trovare delle soluzioni (e dunque rischio di potenziali conflitti), e "ieri" era il momento di decidere ed agire. Che ciò sia dovuto alla capacità di unire vivo interesse e responsabilità all’energia di un buon coffee break, all’autorganizzazione consapevole, al mettere lo spirito al lavoro, al coniugare caos e creatività o alla semplice evoluzione organizzativa, ciò che è certo è che l’Open Space è uno strumento semplice e potente, capace di far si che le persone e le organizzazioni si muovano – quando e dove ce n'è più bisogno.
E, mentre a prima vista l’Open Space impressiona per l’apparente mancanza di procedure e per la capacità di sorprendere, a ben guardare si scopre che l’Open Space è un sistema per gestire riunioni ed organizzazioni fortemente strutturato che utilizza procedure così naturali e congeniali all’uomo ed al suo modo di lavorare da non essere nemmeno notate, e capaci di sostenere (e non bloccare) il lavoro di gruppi ed organizzazioni. Non è un caso infatti se i risultati ed i programmi di lavoro messi a punto nell’Open Space sono generalmente più articolati, robusti e duraturi - e consentono cambiamenti molto più rapidi ed efficaci - di quelli ottenibili con i progetti messi a punto dal management o da consulenti esterni. 

Principi

Il lavoro si basa su quattro "principi" ed una sola "legge".
I quattro principi sono:
  1. Chiunque venga è la persona giusta: le decisioni che vengono prese durante il lavoro sono opera di coloro che sono presenti. Non serve quindi pensare a chi sarebbe potuto intervenire o chi avremmo dovuto invitare, è molto più utile concentrarsi su quelli che ci sono. La partecipazione all’Open Space Technology dovrebbe essere sempre volontaria, infatti solo chi ha davvero a cuore il tema in discussione si impegnerà a fondo, sia nell’affrontarlo che nelle fasi di implementazione del progetto.
  2.  Qualsiasi cosa accada è l’unica che possiamo avere: in una particolare situazione, con determinate persone e discutendo di un certo tema, il risultato che si otterrà è l’unico risultato possibile. Le sinergie e gli effetti che possono nascere dall’incontro di quelle persone sono imprevedibili ed irripetibili, per questo chi conduce un Open Space Technology deve rinunciare ad avere il controllo della situazione: tentare di imporre un risultato o un programma di lavoro è controproducente. Chi facilita un convegno Open Space deve avere totale fiducia nelle capacità del gruppo.
  3. Quando comincia è il momento giusto: l’aspetto creativo del metodo. È chiaro che dovranno esserci un inizio ed una fine, ma i processi di apprendimento creativo che avvengono all’interno del gruppo non possono seguire uno schema temporale predefinito. Decidere ad esempio di fare una pausa ad un certo orario può impedire ad un dialogo di avere termine, perdendo così informazioni o idee fondamentali alla realizzazione del progetto.
  4. Quando è finita è finita: se certe volte serve più tempo di quello previsto, altre accade il contrario. Se ad esempio si hanno a disposizione due ore per trattare un certo argomento, ma la discussione si esaurisce più velocemente del previsto, è inutile continuare a ripetersi, molto meglio dedicare il nostro tempo ad altro.
Mentre l’unica legge che regola l’Open Space Technology è la legge dei due piedi. Un nome tanto curioso si deve al fatto che vuole ricordare che tutti hanno due piedi e devono essere pronti ad usarli. Se una persona si trova a conversare di un argomento e non ritiene di poter essere utile, oppure non è interessata, è molto meglio che si alzi e si sposti (su due piedi, per l'appunto) in un altro gruppo dove può essere più utile. Questo atteggiamento non va interpretato come una mancanza di educazione, ma come un modo per migliorare la qualità del lavoro.

Condizioni

L’Open Space Technology può essere uno strumento efficace, ma conviene utilizzarlo solo se si verificano particolari condizioni. Diversamente, oltre a diventare inefficace, si riduce ad essere uno spreco di tempo. Funziona al meglio in una situazione che comporta:
  • Un serio e reale problema su cui lavorare
  • Un’elevata complessità
  • Molteplici punti di vista
  • Conflittualità diffusa
  • Necessità di trovare una soluzione nell’immediato

Ambientazione

 

Il luogo ideale dove svolgere una conferenza Open Space Technology deve essere dotato di una stanza abbastanza grande da poter ospitare tutti i partecipanti seduti in circolo ed altre stanze più piccole, facilmente raggiungibili, per i gruppi che si formeranno nelle fasi di lavoro. Lo spazio non deve essere particolarmente strutturato, è importante invece che sia confortevole. Elementi fisici, come tavoli e scrivanie, non servono in quanto occupano spazio ed intralciano i movimenti delle persone.
Nella stanza centrale deve esserci una parete dove poter sistemare i cartelloni prodotti dal gruppo, che devono essere ben visibili e facilmente accessibili. Una parte della stanza può ospitare la zona computer/fotocopiatrice, adibita alla redazione dell’instant report, mentre un’altra sarà la zona dedicata al coffe break.
È importante che i partecipanti siano seduti in circolo su delle sedie e che le sedie si possano spostare con facilità; il centro del circolo deve essere vuoto, così che tutti si possano guardare negli occhi e sentire alla pari degli altri. In questo modo, già dal principio si viene a creare una sensazione di uguaglianza e partecipazione.


Il ruolo del facilitatore

Facilitare un open Space Technology è un’esperienza molto diversa da ogni altra esperienza di facilitazione, in quanto il desiderio di avere il controllo sugli eventi deve essere messo da parte. Il facilitatore deve prima di tutto definire i tempi, gli spazi, lanciare il tema da discutere ed esporre la legge ed i quattro principi. Quando il gruppo è sistemato in cerchio egli deve “aprire lo spazio” entrando al centro. Prendere la parola per presentare il tema da discutere e spiegare che il muro vuoto nella stanza centrale rappresenta il programma di lavoro e che esso sarà costruito sul momento e dai partecipanti stessi.
Il muro assume la funzione di bacheca ed il gruppo la riempie con le sue proposte.
A questo punto il facilitatore deve spiegare come effettuare questa operazione: ogni persona che pensa di avere un argomento di discussione sul tema deve scriverlo su di un cartoncino, poi alzarsi e presentarlo al gruppo, tenendo ben presente che chi ha proposto l’argomento sia certo di averlo particolarmente a cuore e che non pensi che qualcun altro debba occuparsene. Quando i temi saranno esauriti ogni promotore dovrà attaccare alla bacheca il suo cartoncino, una volta terminata questa operazione tutti potranno osservare i vari argomenti emersi e decidere a quale gruppo intendono unirsi. I gruppi formati saranno autogestiti e produrranno, una volta esauriti gli argomenti di discussione, un report che unito a quelli degli altri gruppi andrà a formare l’instant report di fine lavori.
Al termine della giornata è prevista la sessione di chiusura, oppure sessione di aggiornamento dei lavori se l’Open Space Technology e suddiviso in più giornate. Non necessita di particolari formalità, ci si mette nuovamente tutti in cerchio ed il facilitatore chiede se qualcuno abbia voglia di esprimere la sua opinione sul lavoro svolto e cosa abbia intenzione di fare alla luce dei fatti emersi.
La fase conclusiva consiste nella redazione dei report. Ogni gruppo di lavoro produce un report alla fine di ogni sessione, inserendo i dati emersi durante la discussione del tema proposto in un computer e poi stampandoli. I rispettivi report vengono appesi al muro centrale, in modo che tutti possano costantemente consultarli. Poco prima della fine della giornata i singoli report vengono uniti in un unico documento e ad ognuno dei partecipanti ne viene fornita una copia personale.
Può sembrare che il facilitatore, una volta esaurita la fase iniziale di spiegazione, abbia pressoché terminato il suo compito, ma non è così. Egli deve essere sempre presente, ovviamente fisicamente, ma anche mentalmente concentrato e sempre disponibile. Deve trasmettere sicurezza e tranquillità, dire sempre la verità in modo da guadagnarsi la fiducia delle persone. Infine deve essere capace di non tentare di controllare gli eventi per portarli ad un punto da lui preventivamente deciso; un atteggiamento simile porterebbe al sicuro fallimento dell’Open Space Technology.



Che accadrà utilizzando l'Open Space?

Quando si apre lo spazio perché le persone lavorino, non si sa mai esattamente cosa potrà accadere. Quando un qualsiasi gruppo entra nell’Open Space è possibile tuttavia garantire i seguenti risultati:

1. Saranno identificate tutte le cose che sono PIÙ IMPORTANTI per i partecipanti. 

2. Tutte le questioni sollevate saranno discusse dai partecipanti più qualificati e capaci di fare qualcosa per affrontarle. 

3. In un tempo relativamente breve, anche di uno o due giorni, tutte le idee più importanti, le cose discusse, i dati raccolti, le indicazioni, le conclusioni, le cose che meritano successivi approfondimenti, le azioni che si intendono realizzare a breve termine saranno documentate in un report – finito, stampato e consegnato ai partecipanti prima della fine dell’incontro. 

4. Se utile, e se si ha del tempo a disposizione, in poche ore tutti i documenti contenuti in questo report possono essere approfonditi ed ordinati secondo un ordine di priorità, anche con gruppi ampi di partecipanti (centinaia). 

5. Dopo un Open Space tutti i suoi risultati possono essere messi a disposizione dell’intera organizzazione o della comunità locale in pochi giorni, in modo che ogni attore possa essere invitato a partecipare alla loro realizzazione – proprio ora. 

6. E….risultati come questi possono essere programmati e raggiunti con l’Open Space molto più velocemente che con qualsiasi altra tecnica di “intervento su ampi gruppi di persone”. E’ letteralmente possibile fare in pochi giorni quello che altri approcci raggiungono in mesi o anni di lavoro.

La buona (e cattiva) notizia è che l’Open Space funziona. Buona, perché consente alle persone ed al loro lavoro di evolversi; cattiva, perché dopo un Open Space molte cose saranno diverse da prima. Potranno esserci nuove cose da fare prioritariamente, precedenti priorità potranno scomparire, e vice-versa – ma non è così che dopotutto va la vita? L’Open Space riporta la vita nelle organizzazioni e le organizzazioni a vivere. 

Fonti: Wikipedia; ItalianoWiki