"Un altro mondo non solo è possibile, ma sta già prendendo forma.
Nelle giornate di calma, posso sentire il suo respiro.

Arundhati Roy


sabato 26 novembre 2011

432 Hz: il diapason scientifico e l'Armonia delle Sfere


Vi siete mai chiesti come si sia arrivati a stabilire che la frequenza a cui vibra il diapason (altrimenti detto “corista”), riproducendo la nota “La”, sia attualmente quella di 440Hz? 
Tutti i musicisti, prima di incominciare a suonare, accordano i loro strumenti, chiedendo al pianista di “dare il La”, oppure all’oboista, se in orchestra, oppure, per l’appunto, fanno vibrare il diapason, prendendo la sua nota come riferimento.
I pianoforti e gli altri strumenti a tastiera, invece, vengono accordati dall’accordatore professionista, ma sempre partendo dal famoso “La” a 440Hz.


E’ probabilmente poco noto come questa frequenza sia frutto di una scelta arbitraria, fatta a Londra nel 1953, decidendo di far uniformare tutte le esecuzioni musicali su questa nota (a questa ha fatto poi seguito la risoluzione europea n. 71 del 30 giugno 1971). Ma il “La” a 440 Hz era stato imposto, nel 1939, addirittura dal ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels, ignorando un referendum contrario, promosso in Francia da 25.000 musicisti.
La storia si sta facendo interessante, vero? Ed è molto lunga, perché il “La” è stato accordato su  molte diverse frequenze, nel corso dei secoli...

Torniamo allora indietro di più di un secolo, e precisamente al nostro Giuseppe Verdi. Nel 1884, il grande musicista scrisse una lettera,  indirizzata alla Commissione musicale del governo italiano, in cui chiese di ufficializzare l’utilizzo del diapason a 432Hz “per esigenze matematiche”. All’epoca veniva adottato un corista a 435Hz (il cosiddetto “corista francese”), e addirittura qualcuno proponeva un diapason a 450Hz. Il Maestro così concludeva: “l’abbassamento del corista non toglie nulla alla sonorità ed al brio dell’esecuzione; ma dà al contrario qualche cosa di più nobile, di più pieno e maestoso che non potrebbero dare gli strilli di un corista troppo acuto. Per parte mia vorrei che un solo corista venisse adottato in tutto il mondo musicale. La lingua musicale è universale: perché dunque la nota che ha nome LA a Parigi o a Milano dovrebbe diventare un SI bemolle a Roma?".
La frequenza del “La” a 432Hz venne  proposta dai fisici Sauveur, Meerens, Savart, e dagli scienziati italiani Montanelli e Grassi Landi, e venne calcolata su un Do centrale (indice 3) di 256 cicli al secondo. Il diapason a 432Hz, approvato all’unanimità dal congresso dei musicisti italiani del 1881, venne dunque definito “diapason scientifico“, proprio sulla base degli studi di questi scienziati. Al contrario, la frequenza scelta a Londra nel 1953, su cui oggi viene intonata tutta la musica, viene definita “disarmonica“, perché contrasta, addirittura, con le leggi fisiche che governano l’universo.

Nonostante le scelte dei musicisti italiani, e la presa di posizione di Giuseppe Verdi, la corsa verso l’innalzamento del “La”, alla ricerca di sonorità sempre più “brillanti”, era ormai inarrestabile, e si affermò con l’adozione unilaterale di un “La” più alto (440 cicli) da parte delle bande militari russe ed austriache ai tempi di Wagner. Da lì, l’imposizione di Goebbels, e poi la sopra citata convenzione di Londra, nel 1939, che imponeva un diapason che non aveva alcuna giustificazione scientifica o basata sulle leggi della voce umana.

Notiamo subito come sia indiscutibile che Verdi fosse uno che di voci umane se ne intendeva parecchio… e infatti, caldeggiando l’adozione del diapason naturale a 432Hz, voleva contribuire a espandere e sviluppare le storiche “voci verdiane piene e maestose”. Accordati su questa frequenza, gli strumenti musicali, come la voce, acquisiscono ben 4 armoniche in più (12 al posto delle 8 generate dal “La” 440hz), e inoltre, cosa davvero importantissima per i cantanti, il famoso passaggio di registro, nella voce umana, viene eliminato.

Insomma, utilizzando l’accordatura a 432, sarebbe automaticamente risolta la difficoltà di questo sofferto ed ispido “gradino”, dannazione di tanti insegnanti di canto! Oltretutto, notano importanti direttori di orchestra, continuando con questa ininterrotta deriva verso l’innalzamento del “La” (che è ancora in corso, tanto è vero che ci sono casi in cui si accorda addirittura a 445 Hz!), presto diverse opere del grande repertorio diverranno ineseguibili per le voci dei cantanti, cui si richiede in tal modo uno sforzo penoso e innaturale.

Recentemente tra i musicisti è sorto un vero e proprio movimento in favore del ritorno al “La” a 432Hz, denominato la rivoluzione Omega“.
Ecco un video dove potete ascoltare la cantante Flavia Vallega, una delle animatrici del movimento (qui il suo MySpace):



Sono quindi stati ripresi ed approfonditi tutti i fondamenti scientifici di questa scelta, ed è stato pubblicato molto materiale, facilmente rintracciabile su Internet (e sul gruppo Facebook “La rivoluzione Omega La 432 Hz”).

Proviamo a spiegare le basi di questa teoria.
Partiamo dall’esame della frequenza di 8Hz. Essa corrisponde a una nota bassa di Do, ma anche, dicono le neuroscienze, alla frequenza ideale alla quale i nostri due emisferi cerebrali lavorano in modo uguale, in armonia, assicurando il massimo flusso di informazioni con il minor dispendio di energia. 8Hz è anche la frequenza di replicazione della doppia elica del DNA. 8Hz è poi, secondo gli scienziati, il “battito” fondamentale del pianeta, noto come “risonanza fondamentale di cavità Schumann”, una risonanza elettromagnetica globale.
In termini musicali, la frequenza di 8Hz corrisponde a una nota di Do. Salendo di cinque ottave, cioè percorrendo cinque volte le sette note della scala, si arriva ad un Do di 256Hz, scala in cui il “La” ha una frequenza di 432Hz e non di  440Hz.
Suonando il Do a 256Hz, per il principio delle armoniche (secondo cui a un suono prodotto si aggiungono multipli e sottomultipli di quella frequenza), anche i Do delle altre ottave cominceranno a vibrare per “simpatia”, facendo risuonare naturalmente la frequenza di 8Hz.
Ecco perché il corista a 432 oscillazioni al secondo è definito “diapason scientifico“.
Nell’universo tutto è energia in vibrazione. Ogni particella subatomica, atomo, struttura molecolare, cellula e organo del corpo, vibra ad una determinata frequenza. Questa meravigliosa armonia ha una propria firma vibrazionale.
Molti medici e studiosi affermano che se una parte del corpo si ammala la causa è da ricercare nell’alterazione di questa frequenza, per cui il corpo vibra in modo disarmonico. Essere sani significherebbe dunque vibrare all’unisono armonicamente, con l’intero universo!
Ogni organo ha la sua frequenza (multipli e sottomultipli del 432Hz), che sembra si alteri in caso di malattia, mentre pare che la guarigione avvenga quando, sullo stesso organo, viene fatta risuonare la corretta frequenza di risonanza. Dunque suonare e ascoltare musica intonata a 432Hz riequilibrerebbe il corpo e, per effetto vibrazionale, anche la natura circostante, rigenerando il primordiale equilibrio di pace e benessere.
Il movimento Omega tenta di convincere musicisti ed orchestre ad eseguire musica con il “La” a 432Hz. I problemi tecnici non sono pochi, perché in alcuni casi sarebbe necessario sostituire le corde o addirittura interi strumenti. Però, almeno si dovrebbe provare! Su internet sono presenti brani musicali registrati con questa accordatura e, effettivamente, la sensazione che se ne ricava è molto piacevole e rigenerante. Mozart intonato su questo diapason (ossia più o meno come ai suoi tempi) è davvero un sublime piacere per le orecchie…

Fonte: ClassicaViva.com

L'ARMONIA DELLE SFERE






L'ESSENZA DELLA MUSICA: UN SAGGIO INEDITO DI RUDOLF STEINER

 

Prima conferenza: Colonia, 3 dicembre 1906 
 
Marc Chagall - Il Violinista Blu


Tutte le arti, escludendo la musica, traggono i loro modelli dal mondo fisico; esse rivestono le loro manifestazioni prendendo esempi e modelli ispirati dal mondo esterno, fatto di colori, forme e movimento.
Quando ad esempio uno scultore crea un'opera artistica, la crea traendola fuori dalla sua propria rappresentazione, ossia dalla sua facoltà di sentimento sorretta e trasposta nel pensare. Egli combina insieme molte e varie impressioni, o immagini ideali, conservate nella sua memoria. Prende dall'insieme delle forme o dei colori esistenti in sè o nella natura vari immagini che si andranno a configurare in un'unica espressione, che le riunifica, fondendo tante immagini in una sola.
Possiamo ben verificare che nell'esperienza innanzi ad un colore e davanti a un suono, ci pervenga la sensazione che da questi emani come una sorta di volontà esistente in essi, la quale esiste prescindendo da noi, al di fuori di noi.
Le altre arti siccome debbono passare inevitabilmente attraverso la rappresentazione, forniscono nelle loro creazioni, rappresentazioni di immagini ideali, o meglio l'artista riproduce un'immagine archetipa di una Volontà che esiste al di fuori di lui.
Nella musica invece accade un'altra cosa: non potendo attingere ad alcun modello esistente nel mondo fisico che esprima l'elemento musicale, è come se il musicista stesse col suo orecchio appoggiato sul cuore della natura: egli percepisce la Volontà della natura e la riproduce in una sequenza di note musicali.
L'uomo nella musica percepisce il battito del cuore della volontà del mondo; l'anima trova nel suono la sua vera natura, la propria affinità di essenza.
Come le altre arti sono espressioni di immagini della volontà, la musica è l'espressione immediata della Volontà stessa, senza l'intervento della rappresentazione.
Quindi :    altre arti = immaginazione
                musica
= ispirazione.
 

Nella musica l'uomo si sente molto vicino all'essenza della natura.Il fatto che essa possa parlare a tutti, come una sorta di linguaggio universale, ed agisca sin dalla prima infanzia, significa che in essa si muove l'essere divino del cosmo, essa rappresenta la vita attiva di Dio.
Il musicista, quando crea non può copiare nulla, prendendolo dalla natura fisica esteriore; (tranne il canto degli uccelli) da dove egli tragga il materiale delle sue creazioni lo si deve ricercare nella sfera della sua anima, nei mondi spirituali.
Il modello della musica sta nello spirituale; i modelli delle altre arti sono nel fisico. 

IL DEVACHAN O MONDO DELLA MUSICA DELLE SFERE
Ogni notte noi penetriamo con il sonno, nel devachan, o mondo spirituale.
Quando il discepolo riesce ad ottenere la continuità della coscienza nel sogno, gli appare dapprima il mondo astrale, fatto di luce e colore e poi, piano piano giunge ad un altro mondo fatto di suoni, ove si percepisce un "risuonare": è il devachan.
L'elemento primordiale del mondo devachanico è un fluttuante mare di suoni.
Ad ogni cosa, nel mondo fisico, sta alla base un suono; il suono è ciò tramite il quale venne creato l'universo.
Durante il sonno, entrando in tale mare di suoni, veniamo permeati da essi nel corpo astrale e nell'io; ritornando il mattino nel corpo, imprimiamo tali suoni dal corpo astrale nel corpo eterico.
Il musicista compositore trasforma incoscientemente in suoni fisici, il ritmo, le armonie e le melodie che, durante la notte, egli ha percepito nel devachan, le quali sono rimaste impresse nel suo corpo eterico.
Questo è il misterioso rapporto tra la musica che risuona nel fisico e l'ascolto della musica spirituale durante la notte. La musica fisica non è che la copia della realtà spirituale.
Come l'ombra sbiadita sta in confronto all'uomo vivo, così la musica-ombra fisica sta alla vera musica-luce spirituale.
Il modello archetipo primordiale della musica sta nel devachan.
L'uomo può creare e accogliere in sè, la musica fisica, solo in virtù del fatto che deve per forza averla già in sè e quindi averla conosciuta in un tempo passato; egli la riconosce perchè l'esperienza musicale ricorda e stimola in lui una sorta di affinità con ciò che fuori di lui, avverte in lui. Come guardando una forma fisica inedita, dobbiamo obbligato-riamente riconnetterci con qualcosa da noi già sperimentato in passato e quindi inciso nella nostra memoria, dobbiamo intendere che se possiamo ascoltare o creare musica ciò è possibile solo perchè essa deve essere necessariamente già esistente in noi


Come il pensiero non può pensare una cosa che non conosce se non ha in sè nella percezione, il ricordo di averla già conosciuta, sperimentare musica non significa conoscere l'elemento musicale, ma ricordarlo.


Fonte: Armoniepitagoriche.blogspot.com


E INFINE......

...... se (com'è successo a noi.....!) dopo queste letture vi fosse venuta voglia di riaccordare il vostro strumento musicale sulla frequenza del diapason scientifico, sappiate che in rete (Youtube compreso) sono presenti molte risorse che vi permetteranno di farlo, compresa questa immagine di tastiera musicale:

(Link da cui è stata tratta l'immagine: Holonmusic)

Per ascoltare il LA esatto a 432 da utilizzare per l'accordatura cliccate qui oppure cercate il relativo widget nella barra a destra.

lunedì 21 novembre 2011

Bioedilizia in autocostruzione: situazione attuale e prospettive

 Fonte: i nostri amici di Terra Semplice ed Edilpaglia :)

E’diverso tempo che Edilpaglia  sta lavorando con entusiasmo per promuovere forme nuove e diverse di costruire:  case in balle di paglia ed altri materiali naturali (terra cruda, calce, legno etc). Non ci interessa solo la  costruzione in sé, ma chi la abiterà, come la abiterà e comunque il processo di progettazione e di realizzazione.

Questa e’ una specie di “lettera  aperta” a tutti voi, sul tema che sta a cuore a molti  di potersi costruire una casa sana, economica,  bella, adatta a noi ed a costi accessibili. Nasce come uno sfogo ed una  reazione a quella che ci sembra essere una inaccettabile trascuratezza dei  nostri comuni su questo tema.

Un complesso di fattori ha concorso negli ultimi anni a  creare quella che viene definita “la nuova questione abitativa”:

  • Fattori demografici:  
secondo i dati  anagrafici dell’ISTAT dal 2001 al 2004 il nostro paese è cresciuto di 1,5  milioni di famiglie, 500.000 nuove famiglie all’anno. Questo dato così sorprendente è il risultato di vari fattori:
l’accelerazione dei flussi migratori verso il nostro paese;
- la forte crescita di nuove famiglie italiane,  per la fuoriuscita, in ritardo, dai nuclei di origine, dei figli del baby boom  della seconda metà anni ’60 prima metà anni ’70, che hanno dato origine a  proprie famiglie; la continua riduzione della dimensione media della famiglia  italiana.
- l' aumento della vita media 
  • fattori sociali ed economici: 
c’e’ un’esigenza  crescente del bisogno abitativo da parte delle fasce economiche più deboli. E  oggi per fasce economiche deboli si intendono non solo immigrati, lavoratori atipici,  precari, ma nella crisi economica che stiamo vivendo, anche famiglie o persone socialmente  integrate con difficoltà nell’accedere al mercato immobiliare (pensionati, giovani coppie, coppie monoreddito ecc. Aumenta il numero di famiglie  indebolite dalla crisi, ricompare la povertà abitativa, la disoccupazione  crescente accentua le diseguaglianze.
  • fattori legati ai mercati immobiliari ed  alla politica territoriale:
una estrema fragilità del sistema delle costruzioni, troppo spesso soggetti a speculazioni facili e a vere e  proprie incursioni da parte di scaltri operatori che mirano al profitto a  scapito dell’utente finale
- la crisi economica ha portato ad un depauperamento delle risorse finanziarie degli Enti Locali che sempre meno provvedono a realizzare abitazioni di tipo popolare optando per la vendita dei terreni pubblici a imprese che in cambio offrono un quota degli alloggi finiti, troppo spesso però aventi costi troppo elevati per chi  aspirerebbe ad acquistarne uno o a prenderlo in locazione. Non basterebbero  interi libri per descrivere la situazione in cui versa il sistema dell’edilizia  popolare in Italia e non è questa la sede, tuttavia per  conoscenza si possono  consultare i siti dell’Unione Inquilini o dei diversi movimenti di lotta per la casa divisi per province e comuni.
- peggioramento dei costi dei mercati dell’affitto

Si tratta di una situazione  non solo italiana. L’aumento delle diseguaglianze  sociali ed economiche che si registra a livello europeo e globale, come dal  2008 documenta l’OECD (>>)  ha conseguenze anche sul mercato degli alloggi.

In Europa la crisi di alloggi  riguarda ormai 70 milioni di persone mal alloggiate, delle quali circa 18  milioni sono alloggiate precariamente e 3 milioni risultano senzatetto [>>]. Si tratta di persone escluse  dal mercato immobiliare, a cui né i singoli stati, né le autonomie locali,  né il Social Housing promosso da privati riescono ad offrire soluzioni  soddisfacenti.

Tutti i paesi dell’Unione  Europea hanno ratificato i trattati internazionali e le convenzioni  che riconoscono e proteggono il diritto alla casa:

la Dichiarazione Universale dei  Diritti dell’Uomo (art.25), la Convenzione Internazionale sui  Diritti economici, sociali e culturali (art.11), la Convenzione sui Diritti  dell’Infanzia (art.27), la Convenzione per l’eliminazione  di ogni forma di discriminazione contro le donne (artt.14 e 15), la Convenzione per la protezione  dei diritti umani e delle libertà fondamentali (art.8), la Carta Sociale Europea (artt.  15, 16, 19, 23, 30, 31), la Carta dei Diritti fondamentali
dell’Unione Europea (art. 2, comma 94). 
Malgrado questo riconoscimento
legale degli stati membri dell’UE (spesso rafforzato dalle costituzioni e dalle
legislazioni nazionali), il diritto alla  casa è sempre più violato. Solo recentemente, quando l’intreccio tra crisi economica e difficoltà 
ad accedere o a mantenere una casa si è evidenziato come un elemento centrale  per la lotta all’esclusione sociale e alla povertà, l’aumento delle risorse di per  l’edilizia sociale è tornato ad essere una priorità per molti paesi. Si tratta di una situazione non solo italiana e’ vero, ma  a differenza di altri paesi europei, come viene affrontata questa  priorita’ dal nostro paese? Dal nostro governo? Dai nostri comuni?

L ’offerta di alloggi sociali non  è più in grado di dare risposte sufficienti per i bisogni  abitativi non solo nelle  città ma in qualunque altra dimensione
 territoriale. I provvedimenti presi nel  cosiddetto “Piano casa”, atti al miglioramento della qualità architettonica e/o energetica degli edifici, alla disciplina degli interventi straordinari di  demolizione e ricostruzione degli edifici, alla semplificazione normativa,  hanno tralasciato l’ Edilizia sociale eppure: “Il diritto all’alloggio è innanzitutto un diritto fondamentale che  condiziona l’accesso agli altri diritti fondamentali e a una vita dignitosa”( Carta dei Diritti dell’Uomo)
La questione abitativa continua ad essere una vera e propria emergenza ed i modelli di risposta costruiti  attorno ad essa, non solo non rappresentano più una possibile via di uscita, ma sono col tempo diventati parte del problema. Nei centri urbani il processo di integrazione tra gli insediamenti popolari e il resto del tessuto urbano, non si è compiuto e quando è avvenuto, è stato prevalentemente fisico: strade, collegamenti, fermate degli autobus e delle metropolitane, qualche servizio di quartiere.  Le città sembrano aver  escluso il problema dell’integrazione; hanno seguito e subìto un modello di  crescita per frammenti, pezzi di città che riescono ad ignorarsi  reciprocamente. 
L’interrogativo sui destini dell’edilizia sociale riporta  l’attenzione sulla città come “spazio in cui la gente vive, lavora, gioca, si  muove, comunica e condivide”. Per tutte queste  ragioni è un problema non aver la casa, ma è un problema, certamente differente,  anche averla senza essere nelle condizioni di poterla mantenere e gestire, di  riuscire a convivere nello stesso stabile con gli altri inquilini, di stare nei  cortili di quartieri abitati da 1500, 2 mila persone lasciate a se stesse;  senza regole, senza supporti. Stiamo andando  incontro ad un’idea  di abitazione che ha  molti pensieri, poche risorse ed energie, pochi progetti da rivolgere ai suoi  abitanti.

Questo e’ lo stato delle  cose….
Allora: Cosa facciamo?….In che direzione vogliamo  andare?….Possiamo aspettare (e  quando?) che sia il nostro comune a farsi promotore per noi, di progetti che  nel migliore dei casi  produrranno: case tutte uguali, luoghi senza identità, quartieri senza qualità, case costruite con sistemi  costruttivi non adatti  in cui appena ci  andremo ad abitare  avremo problemi  di  muffa e umidità? case che anche se magari  definite di edilizia popolare non saranno pero’  economicamente accessibili a molte persone ? Oppure vogliamo, NOI,  prendere in mano la situazione e rimboccarci le maniche?

Non pensiamo certo di avere la  risposta per risolvere il problema della “questione abitativa italiana”, pensiamo però  che qualsiasi sia la risposta, essa debba comunque nascere dal basso, dalle  esigenze delle persone e delle famiglie e delle comunità e non possa essere un  pacchetto preconfezionato deciso dal comune o da chi per lui.

Allora proviamo a pensare  di costruircela da noi, la nostra casa: sana, bella, rispettosa dell’ambiente,  economica………….nostra.
“Farsi la casa” fa parte della  storia dell’abitare e raccoglie l’eredità antica di tanti nuclei  familiari che nel nostro paese sceglievano, per contenere i costi  di costruzione, di realizzare la casa con le proprie mani, 
mettendo a disposizione il tempo libero e le loro capacità manuali. 
Anche in tempi recenti  la pratica di costruire direttamente, in  tutto o in parte, la casa in cui si andrà ad abitare, è molto comune in alcuni  paesi del Nord Europa e in molti stati del Nord America.  (Pensate che in Francia l’autocostruzione e’ una pratica corrente e perfettamente legale (e’ possibile costruire una casa completamente in autocostruzione, solo con l’aiuto di parenti amici ed amici, fino a 170 mq). L’Autocostruzione e  l’Autorecupero, che possono essere totali o parziali (e con varie  gradazioni), consentono un sensibile abbattimento del costo di costruzione  di una abitazione. 
Attualmente, in autocostruzione si  possono realizzare abitazioni ed edifici competitivi (ma noi crediamo migliori) rispetto a quelli della produzione corrente sul piano della qualità  architettonica, della durabilità, del risparmio energetico, della biocompatibilità. 
Questo processo puo’ diventare,  inoltre, un utile strumento sia per la formazione di mano d’opera che  per l’incremento delle opportunità di impiego degli stessi  autocostruttori. (nell’associazione ci sono persone che intendono cambiare  lavoro e dedicarsi a tempo pieno alla costruzione di edifici in paglia) Costruirsi la propria casa  significa partecipare attivamente e  condividere un processo, nel quale i futuri abitanti sono direttamente e  materialmente impegnati. 
Gli autocostruttori sono una  comunità organizzata, autogestita, e assistita nelle procedure e nei lavori da tecnici  (architetti, ingegneri, carpentieri…) esperti disposti a collaborare con gli  autocostruttori mettendo a disposizione le loro competenze.
Tutti questi temi di evidente utilita’ sociale (e non ho  parlato del cohousing!!) dovrebbero essere naturalmente recepiti  dalle amministrazioni comunali che dovrebbero  farsi promotori di questi interventi. Ed in effetti sembra che in questi ultimi tempi qualcosa si  muova: La regione Toscana, ha stanziato 13 milioni di euro, parte del piano per  l’edilizia sociale, per interventi pilota di co-housing secondo le tecniche  della bioarchitettura e bioedilizia e per interventi sperimentali di  autocostruzione o autorecupero con cofinanziamento di Comuni, altri soggetti  senza fine di lucro o delle stesse persone destinatarie selezionate tramite  gara. 
Purtroppo pero’ molto spesso la  logica con cui le amministrazioni si muovono e’ una logica vecchia e non molto  chiara. In Italia le “novità” a scopo  sociale rischiano di essere usate come specchietti per le allodole facendo sì  che compaiano Enti, Consorzi, Onlus e quant’altro che di sociale  hanno solo il pretesto, di reale hanno la volontà di intascare da chi crede veramente in queste forme di partecipazione. Quando le  amministrazioni pubbliche si convincono di investire nell’Housing Sociale si dovrebbero  affidare non alle competenze di un tecnico qualunque ma ad uno gruppo di 
persone preparate che garantisca la cura degli aspetti sociali e  organizzativi dei veri protagonisti del processo edile che in gran parte  saranno gli utenti finali, che monitori e porti avanti l’iter finanziario e  burocratico della complessa genesi del processo autocostruttivo o di  Autorecupero, che svolga la funzione di facilitatore nei processi della  progettazione partecipata prima e delle fasi operative di cantiere  dopo
Ma questo e’ difficile da comprendere da parte delle amministrazioni locali, che in  questi ultimi tempi si fanno promotrici di PRECONFEZIONATI PROGETTI DI
AUTOCOSTRUZIONE e non  di PROGETTI DI PROCESSO DI AUTOCOSTRUZIONE in cui il progetto scaturisca dalla mobilitazione delle energie delle persone e porti alla creazione di ambienti e spazi  che sappiano meglio esprimere la “cultura”  del luogo in tutti i suoi molteplici aspetti. 
Il danno, nel caso si  affidi la gestione di processi di Autocostruzione o Autorecupero alle  competenze di speculatori, che intascano dal pubblico per le loro  consulenze e di fatto concludono poco o niente, non è solo economico –  perché viene sottratto denaro – …il danno è cronico: le Amministrazioni  che vedessero il fallimento anche solo di un intervento non si  fiderebbero più di investire in queste forme di  partecipazione, a danno  di tutti i possibili beneficiari che ne hanno bisogno, che ci credono e che  da soli si sentono persi. 
In Italia i cantieri di Autocostruzione in regola con tempi e costi previsti in progetto  sono pochi rispetto a quello che nelle fonti di divulgazione immediata come il  web appare. E siccome non vogliamo correre  questo rischio, pensiamo sia opportuno che la richiesta di autocostruzione non  venga dall’alto ma nasca da proposte della gente e quindi se avete interesse per  questo tema, se siete interessati a costruire una casa per voi e la vostra  famiglia e pensate che  la nostra  proposta possa rappresentare una risposta alle vostre esigenze, pensiamo  insieme a delle strategie per ottenere lo scopo e per farci noi promotori nei  nostri comuni di proposte e progetti. 
Noi  intanto stiamo lavorando su vari aspetti dell’autocostruzione:
  • Elaborando sistemi costruttivi con materiali quali paglia, legno, terra, calce che:
- siano adatti  all’autocostruzione: Il sistema che abbiamo elaborato, e con cui  costruiremo presto diverse case in paglia, permette che tutte le parti dell’edificio (struttura in  legno, tamponamento in balle di paglia e intonaci) che presuppongono per la loro costruzione una certa esperienza e  manualita’, siano rese particolarmente semplici ed a “prova di autocostruttore”  senza esperienza nell’ambito edilizio.
- siano economicamente  sostenibili: Con questo sistema una famiglia o un gruppo di amici o una  giovane coppia puo’ costruirsi una casa sana ed energeticamente efficiente a  costi veramente contenuti (si valuta un costo a mq di muratura comprensivo di
struttura + tamponamento con ottime performances energetiche  + intonaco pari a 30 euro/mq. Si consideri che solo il costo di 1 mq di intonaco in edilizia convenzionale si  aggira intorno ai 20 euro!).  
Si valuta che il tempo di costruzione per un edificio di 100 mq con due persone  che ci lavorano, si aggiri su 1 mese per quanto riguarda la struttura e 2 mesi  e mezzo per la realizzazione dei tamponamenti e degli intonaci. Si sono gia’  costruiti edifici in autocostruzione con questa tecnica costruttiva con costi  pari  a 500-550 euro/mq.
- realizzino una struttura semplice e snella che permetta una  AUTOCOSTRUZIONE FAMILIARE legale a tutti gli effetti.

In Italia la cosiddetta “AUTOCOSTRUZIONE FAMILIARE” dove piccoli gruppi di  persone, parenti o amici o semplici volontari si mettono insieme a lavorare per  costruire una casa, non e’ prevista dalla nostra legislazione (a differenza di  gran parte degli altri paesi Europei – ad es. in Francia un  autocostruttore  puo’ costruire la sua casa fino a un massimo di 170 mq senza difficolta’  facendosi aiutare da parenti ed amici, dando semplicemente  comunicazione al  comune che il suo sara’ un “cantiere condiviso”). 
Noi stiamo lavorando cercando  di coinvolgere il maggior numero possibile di persone che da anni si occupano del  tema, comuni, regione, Asl,  etc per risolvere il problema. Abbiamo gia’ delineato alcuni sistemi organizzativi che  ci permettono di essere operativi a breve.
- comprendano una formazione  adeguata degli autocostruttori: Gli autocostruttori saranno formati sia  alla tecnica costruttiva che andranno a mettere in opera sia a tutte le  problematiche della sicurezza in cantiere. 
  • Organizzando  un gruppo di tecnici (ingeneri, architetti, carpentieri) che sappia  lavorare ad una progettazione e esecuzione partecipata e disposti a condividere con gli autocostruttori questa esperienza.
Se siete interessati, contatteci: info@edilpaglia.it
Fonte immagini: web

domenica 13 novembre 2011

Amare il Mondo


Ci impegniamo, noi e non gli altri,
unicamente noi e non gli altri,
né chi sta in alto, né che sta in basso,
né chi crede, né chi non crede.
Ci impegniamo:
senza pretendere che gli altri si impegnino per noi,
senza giudicare chi non si impegna,
senza accusare chi non si impegna,
senza condannare chi non si impegna,
senza cercare perché non si impegna.
Se qualche cosa sentiamo di "potere"
e lo vogliamo fermamente
è su di noi, soltanto su di noi.
Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi ci facciamo nuovi,
ma imbarbarisce
se scateniamo la belva che c'è in ognuno di noi.
Ci impegniamo:
per trovare un senso alla vita,
a questa vita
una ragione
che non sia una delle tante ragioni
che bene conosciamo
e che non ci prendono il cuore.
Ci impegniamo non per riordinare il mondo,
non per rifarlo, ma per amarlo.
Bertolt Brecht

Fonte immagine: web

venerdì 11 novembre 2011

L'Inizio



L'inizio è come l'alba di un giorno non ancora vissuto,
carico di promesse, eppure già sognato.
L'inizio è come un piccolo seme che promette una spiga.
L'inizio è il disegno dipinto del tuo nuovo volto. 
 
Aquila Bianca

Fonte immagine: web

giovedì 10 novembre 2011

Rete Valbisenzio in Transizione: un weekend operoso (ma non solo)


Un weekend con damigiana?
Non vi paia cosa strana!



Il 12 e 13 novembre i membri della Rete Valbisenzio in Transizione si riuniranno per:
  • il sabato fare le semine invernali  e altri lavori necessari nell'orto sinergico condiviso
  • la domenica lavorare sui progetti network per il baratto e condivisione auto in Valle del Bisenzio, e blog della Rete V.B.T.
 ....e poichè lo spirito della Transizione è essenzialmente positivo, allegro e godereccio .........



Non dimenticate le damigiane!!!!!! ^_^






 12/11/11
Attenzione Attenzione! Contrordine: poichè molti componenti della Rete VBT sono ancora impegnati nella raccolta delle olive, il weekend con damigiana è spostato a data da destinarsi. Nel frattempo...... occhio alle damigiane!!!! XD

lunedì 7 novembre 2011

Catastrofi annunciate


"Le gravi catastrofi naturali reclamano un cambio di mentalità che obbliga ad abbandonare la logica del puro consumismo e a promuovere il rispetto della creazione." (Albert Einstein)


"Don Gallo, cosa chiederebbe a Dio dopo l'alluvione di Genova?" "Gli chiederei perchè non ha dato a Mosè l'11° comandamento: rispetta la Natura"

Fonte immagini e testi: web

No Impact Day. Una giornata a impatto (quasi) zero


 

Credi che il cambiamento sia possibile a partire da ognuno di noi?
Credi che vivere a impatto zero sia impossibile ma ridurre l’impatto sia estremamente necessario?
Stai già sperimentando pratiche per la riduzione dell’impatto e il cambiamento degli stili di vita?

 

Se vuoi partecipare al primo esperimento collettivo per una cultura della riduzione dell’impatto ambientale, clicca qui 

 

Fonte: www.mt0.it

sabato 5 novembre 2011

Annie Leonard e le storie che nessuno vuole raccontarci

Annie Leonard è un' attivista statunitense, autrice del film online "La storia delle cose", un documentario che mostra i costi sociali ed ambientali del nostro sistema di produzione e consumo.
Il film è diventato un fenomeno di internet, ha generato oltre 12 milioni di spettatori in oltre 200 nazioni dalla sua data di lancio nel 2007. Annie sta ora lavorando ad un libro pubblicato dalla Free Press of Simon and Schuster nel marzo 2010. Altri suoi documentari in rete sono "La storia dell'elettronica", "La storia dei cosmetici", "La storia del Cap & Trade", "La storia dell'Acqua in bottiglia".
Annie ha passato quasi 20 anni investigando e analizzando questioni di carattere ambientale e giuridico. Ha viaggiato in 40 nazioni, visitato centinaia di fabbriche dove i nostri oggetti sono prodotti e le discariche dove vengono buttati. Testimoniando per prima l'impatto sia del sovraconsumo che del sottoconsumo, Annie si è dedicata fieramente alla bonifica e alla trasformazione del nostro sistema economico ed industriale affinché servissero, piuttosto che indebolire, la sostenibilità ecologica e la equità sociale.
Annie è attualmente la direttrice del progetto "La storia delle cose" . Prima di questo, più recentemente, Annie ha coordinato il gruppo dei Finanziatori per La Produzione ed Il Consumo Sostenibile, che cercano di affrontare gli impatti nascosti sull'ambiente e il sociale dell'attuale sistema consumistico basato sul fare, usare e gettare oggetti durante tutto l'arco della vita.
Annie ha anche lavorato con GAIA (Global Alliance for Incinerator Alternatives - Alleanza globale per l'alternativa agli inceneritori), Health Care Without Harm, Essential Action e Greenpeace International.
Annie è sul palcoscenico dei forum internazionali per la globalizzazione e GAIA e precedentemente è stata sul palcoscenico di Grassroots Recycling Network, the Environmental Health Fund, Global Greengrants India and Greenpeace India. Annie ha studiato al Barnard College, Columbia University ed ha lavorato da laureata nella pianificazione cittadina e regionale sia Cornell che a New York. Vive attualmente nell'area della baia della California.
Cresciuta a Seattle, ha vissuto New York City, Ithaca, Washington - DC, Dhaka, New Delhi.
Ha lavorato per Greenpeace International; Essential Action; Multinational Monitor magazine; Global Greengrants Fund; GAIA (Global Anti-Incinerator Alliance); Health Care Without Harm; The Funders Workgroup for Sustainable Production and Consumption.

Fonte: Wikipedia
Fonte immagine: expreacherman.wordpress.com

LA STORIA DELLE COSE 

Dall'estrazione delle materie prime fino alla vendita, all'uso e all'eliminazione come rifiuto tutte le cose che usiamo o compriamo influenzano la nostra vita, quella della nostra comunità e quella delle comunità lontane da noi (anche se spesso questa situazione non ci è chiara). "La storia delle cose" è uno sguardo veloce e concreto al risvolto meno noto e più oscuro dei nostri sistemi di produzione e consumo. Il documentario mostra quanto siano strettamente connessi i grandi problemi ambientali e quelli sociali, spronandoci a creare tutti insieme un mondo più sostenibile e giusto. V'insegnerà qualcosa e vi farà ridere... e potrebbe farvi cambiare per sempre il modo in cui pensate alle cose e agli oggetti nella vostra vita! 


LA STORIA DELL'ACQUA IN BOTTIGLIA

Annie Leonard ci racconta come l'acqua del rubinetto è diventata l'oro blu, come le aziende hanno " lavato il cervello" ai cittadini sul diritto all'acqua pubblica, creando un prodotto che le arricchisce e priva noi di un diritto fondamentale che ci spetta, e che invece molti credono di dover comprare. Come ci sono riuscite? Guardate un pò...


LA STORIA DELL'ELETTRONICA

Annie continua a parlarci dei meccanismi alla base dei processi produttivi. Ecco un approfondimento sulla storia dell’elettronica: ci spiega in 9 minuti come strumenti disegnati, pensati e progettati per finire in discarica (non per durare, essere riparati, riciclati e riusati) siano dannosi per l'uomo e per l'ambiente.

LA STORIA DEI COSMETICI

La storia dei cosmetici esamina, in modo semplice ed efficace, cosa si cela dietro il nostro consumo quotidiano di prodotti per l'igiene personale e non, quali: shampoo, creme, lozioni, profumi, saponi e detersivi.
Quante sostanze chimiche pericolose per la nostra salute e l'ambiente si nascondono nella nostra casa? E quali sono le possibili alternative?

E' possibile, ad esempio, cambiare qualche abitudine quotidiana, comprando prodotti con INCI migliori o con marchi ecologici certificati da organismi e associazioni di garanzia.  Oppure, se si ha tempo e voglia, è ancora più economico e salutare farseli in casa.

LA STORIA DEL CAP & TRADE

Il nuovo video informativo di Annie Leonard affronta il tema delle politiche ambientali, offrendoci uno sguardo critico ed illuminante sulla " buona fede" e la conversione all'ecologico di molte aziende e multinazionali... Esiste un modo per rinnovare la propria immagine e continuare ad inquinare e speculare sulle disgrazie provocate dai cambiamenti climatici? Guardate un pò...


Si ringraziano gli utenti di YouTube che hanno condiviso i filmati doppiati in Italiano